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Sito personale di Vincenzo Topa
Rubrica: LA PAROLA DI DIO
di Vincenzo Topa
(da "Lazzaro, vieni fuori!", Lulu.com, 2012)
IL SERVO MALVAGIO
(Mt 18, 23-34)

L’evangelista Matteo riporta questa parabola, narrata da Gesù a Pietro, che gli chiedeva quante volte fosse necessario perdonare al proprio fratello. “Non sette volte, Pietro, ma settanta volte sette!”, gli rispose il Signore, passando a spiegargli cos’è il Regno dei cieli e cosa ci impedisce di entrarvi. Con questa semplice metafora, in cui il Re è il Signore Dio e i servi siamo evidentemente noi, Gesù chiama ogni uomo, di ogni tempo, a fare un serio esame di coscienza.

"Il regno dei cieli è simile a un re
che volle fare i conti con i suoi servi.
Incominciati i conti, gli fu presentato uno
che gli era debitore di diecimila talenti..."

(leggi tutto)

Quante volte perdonare? Non sette, ma settanta volte sette … Gesù fa precedere da questa frase la parabola del servo malvagio. Ci invita cioè a perdonare sempre. E chiude poi la parabola esortandoci, nell’ultimo versetto, a perdonare di cuore. Di fronte a questa legge, perdonare sempre e di cuore, l’uomo si chiede: come è possibile compierla?

Ogni uomo è debitore verso Dio. Solo Gesù Cristo, l’unico Giusto senza peccato, non è debitore verso il Padre. Ma ogni uomo è anche debitore verso gli altri, infatti “si può forse trovare tra il genere umano qualcuno che non si sia reso colpevole di qualche azione cattiva nei riguardi di un suo fratello?” (S. Agostino, Disc. 83). Quindi ogni uomo è debitore ma, contemporaneamente, ha anch’egli un debitore. La parabola ci porta così alla radice della capacità di perdonare o, meglio, di perdonare sempre e di cuore. Questa radice affonda nella consapevolezza di essere stati noi per primi perdonati, di aver avuto condonato noi per primi, immeritatamente, un debito molto grande. A ben vedere, perché il servo malvagio cerca senza pietà di raccattare ancora denaro, beni, cose da un altro servo, spremendolo? Perché non ha capito che il debito gli è stato condonato tutto. Inconsciamente crede ancora di dover accumulare per poter restituire… Com’è difficile, per noi miseri mortali, comprendere l’immensità della misericordia di Dio!

E allora, nel cammino di fede, illuminato dalla Parola di Dio, fortificato dal pane degli angeli, che è Gesù stesso, istruito alla scuola della comunione fraterna, inizi piano piano a scoprire che tu sei stato perdonato. Eri un condannato a morte, ma ti è stata concessa una grazia! Uno, innocente, si è offerto di morire al posto tuo! L’angelo della morte è passato oltre, giunto alla porta della tua casa, perché l’ha trovata segnata con il sangue dell’agnello! Dalla sorgente di questa consapevolezza scaturisce il fiume di grazia che ti permette di riuscire a perdonare, sempre e di cuore, gli altri. Da questa consapevolezza emerge la sproporzione tra i diecimila talenti che ti sono stati condonati e i cento denari che tu sei chiamato a condonare agli altri (1)! Non è uno sforzo, è il soffio dello Spirito Santo che inizia a permeare la tua vita, santificandola. E’ l’Amore increato che, passando attraverso tutte le miserie della tua vita, interrompe finalmente la catena del male e della ripicca andando a salvare il mondo.

E, alla fine, cosa lascia dentro di te questo perdonare sempre e di cuore? La pace. La pace sempre e comunque. Anche quando, per il ruolo che occupi nella famiglia o nella società, sei chiamato in qualche modo a educare o a correggere… per cui potrebbe sembrare impossibile il perdono. Può sembrare, ma non è così. La grazia dello Spirito Santo consente sempre, se lo desideri, di perdonare con il cuore senza separarsi dalla Verità. Così fa il padre con il figlio, che perdona ma educa. Così fa il magistrato saggio, che amministra la giustizia sulla terra e commina la pena perché questa possa aiutare il reo a redimersi. Così S. Agostino invita a comportarsi i pastori della Chiesa, ricordando che il pastore perdona, ma anche corregge, come il chirurgo che, per la salvezza del proprio paziente, usa il bisturi per incidere la ferita.

NOTE:
1) Per avere un'idea della sporporzione, si può considerare che diecimila talenti equivalevano a circa cento milioni di denari!

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SUL POZZO DELLA VITA
(da Il Granellino, suppl. Spiritus Domini, feb 2008)
“Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire...” (Ap. 12, 4)
di Vincenzo Topa

Sentirsi amato. Questa è l’aspirazione più profonda di ogni essere umano. Anche se non lo sa, anche se non lo capisce, che sia un grande scrittore o un perfetto ignorante, nel profondo ogni uomo desidera sentirsi amato. Qualunque età egli abbia, dalle poche ore fino ai cento anni, perché questa non è una cosa che si impara, ma la si “sente”, la si vive dentro. E’ la tensione della vita stessa. Vivere è amare e sentirsi amati.

Così penso agli aborti, ai piccoli feti non accolti (non amati). Alla ipocrisia che giustifica un omicidio in previsione di una possibile malformazione, di una qualche piccola o grande malattia. Spontaneamente mi chiedo: ma un bambino malato non ha ancora più bisogno di uno sano di sentirsi amato, accolto dalla sua mamma? Non è forse questo un diritto naturale, quello di essere accolti dalla propria mamma?

Ecco, l’inganno sta tutto lì, nel preteso diritto di non amare, di non accogliere. Questo è il veleno pronto per la madre che, debole nella fede e spaventata da medici poco medici, aderisce alla proposta del diavolo. E’ lei la vera vittima. L’altra, il bimbo innocente, è in realtà un vincitore chiamato al Regno dei cieli! La mamma è la vera vittima: negando l’amore, l’accoglienza a quel bambino, la maternità, nega sé stessa. Nega la Verità sulla Vita, anche la sua. Che Dio è Amore. Che siamo il tempio dello Spirito Santo. Che vivere è amare e sentirsi amati. Negando la Verità profonda della vita, quella che ci ha mostrato Gesù Cristo, il Vivente, finisce per ferirsi mortalmente, prigioniera di una paura senza Speranza.

Potrebbe sembrare non inerente. Ma ti invito ora a pensare, ogni volta che sarai lì, vicino all’urna del voto, al pozzo della vita. Alla difesa dei valori, a ciò che conta sicuramente più di un punto di PIL o di qualche tassa in più o in meno…

NOTE:
cfr. Sal. 139

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IL BIGLIETTO PER ANDARE LASSU'
(da Il Granellino n. 847/2011)
Sul treno del tempo
di Vincenzo Topa

Che bello sarebbe, in questo avvento, ottenere il dono di un po’, anche solo un po’ della santa umiltà di Cristo, per rimanere a bocca aperta, con la meraviglia di un bambino, di fronte al mistero ineffabile che è la vita di ogni uomo. I giudizi, le parole, gli ammiccamenti, lascerebbero il posto all’amore, l’unica cosa che resta di fronte all’eternità. In fondo l’amore è il biglietto per il treno (il tempo) che, da qua giù, permette di arrivare lassù.

In un mondo sempre più divorato dalla sete del “tutto e subito”, dell’ “usa e getta”, dell’esacerbata rivendicazione di tutti i diritti (anche quelli che “diritti” non sono), l’Avvento ci viene a ricordare, completamente controcorrente, la necessità dell’attesa. L’attesa di un Salvatore, l’attesa dell’incontro finale e definitivo con Lui (unica certezza della nostra vita), l’attesa di una Sua manifestazione nella nostra vita concreta, di tutti i giorni.

Così mi scopro ad attendere una manifestazione di Dio in tutte le situazioni che non capisco, che non accetto, dalle quali vorrei fuggire. E, devo dire, che mi scopro sempre più impaziente in quest’attesa, pieno di insofferenza, di scatti di nervi, di giudizi affrettati, di parole, di ammiccamenti… La tentazione del “tutto e subito” è sempre forte.

Ma oggi lo sguardo cade su una Parola che, pur ascoltata cento volte, diviene sempre nuova: “Ai tuoi occhi mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte” (Sal 89, 4), canta il salmista. E sembra dirmi: "Povero stupido, che cerchi di districarti tra il bene e il male basandoti solo sul limitato orizzonte temporale di un mese, di un anno, di una vita… Povero stupido, che ritieni che il Signore tardi a compiere la sua promessa… Povero stupido anche quando credi di aver capito qualcosa… e (forse) non hai che afferrato un minuscolo tassello dell’immenso disegno d’amore che ti comprende e ti trascende!"


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